Tentato stupro in casa famiglia, il racconto shock della vittima
POZZUOLI – Quei tre ragazzini venuti dal Terzo Mondo, strappati alla fame, alle guerre, per lei erano come dei fratellini minori ai quali si dare affetto e protezione. Claudia (nome di fantasia), 32 anni, di Pozzuoli, credeva in quello che faceva, l’amore per il prossimo era più forte della delusione per un lavoro che forse non era quello desiderato dopo tanti anni trascorsi a studiare per diventare psicologa. Ma lei non si scoraggiava, e come tutti i giorni anche quell’ultimo mercoledì di febbraio per poche centinaia di euro al mese era andata ad aiutare quei tre ragazzini che improvvisamente si trasformarono in mostri. Tentarono di violentarla in una casa famiglia per extracomunitari minorenni nel giuglianese nella quale lavorava come assistente sociale
IL RACCONTO SHOCK – “Erano come indemoniati, uno di loro aveva un coltello in mano. Mi dissero “tu da questa stanza non esci”. Quella mezz’ora durò 10 ore”. Trenta lunghissimi minuti di terrore, le urla, la disperazione, la richiesta per un aiuto che non arrivava “In quei momenti pensavo a mamma e papà. Stavo per buttarmi giù pur di farmi violentare”. Claudia oggi, a distanza di 4 mesi, ricorda quei drammatici momenti con tanta amarezza. “Mi sono ripresa ma non completamente. La cosa che più mi ha ferita è stata l’indifferenza della mia titolare e di alcuni colleghi. Mi hanno abbandonata, nemmeno una telefonata, nessuno che mi ha dato appoggio o sostegno. Dopo quella sera sembrava che avessi la lebbra. Addirittura mi hanno intimorita dicendo che sarei stata devastata professionalmente qualora avessi denunciato tutto ai carabinieri. La titolare mi disse “Non pensavo che tu andassi a denunciare”. E’ una cosa assurda, questa è gente alla quale ho dato tanto amore, energia, e che non ha speso una sola parola per me”.
LA VIOLENZA – Ha ancora la forza di denunciare nonostante la delusione, l’abbandono da parte di chi avrebbe dovuto difenderla durante e dopo quei tragici momenti “Meno male che c’era la testimone, altrimenti chissà che fine avrei fatto”. Quel giorno era nella casa famiglia insieme ad una collega, con loro c’erano gli 8 minorenni extracomunitari che da mesi assistevano. “L’altra fu risparmiata – racconta – perché è sposata ed ha figli, io no, io ero buona”. Poi parte con il ricordo di quei 30 minuti, li racconta quasi tutto d’un fiato, quasi a voler buttare fuori per l’ennesima volta quel dramma “Tutto nacque da una condizione di frustrazione nella quale vivevano. Iniziai già a capire qualcosa quando pretesero che gli pulissi i mandarini. Mi trovai in una condizione subordinata, chiamai a mia mamma dicendo che avevo paura. Poi mi chiesero di accompagnarli dalle prostitute. Dissero accompagnaci da Madame Bagascia, che è il soprannome che usano per chiamare le prostitute.
VOGLIA DI SESSO – Ma al mio rifiuto impazzirono. Quello che mi ha aggredito ha 17 anni, era il più bravo, il più tranquillo voleva andare con le prostitute, disse che di ritorno da scuola aveva visto una prostituta con il cartello gratis e voleva farsi accompagnare. Quando gli dissi si no uno iniziò ad avvicinarsi a me insieme ad un altro mentre ero seduta al tavolo. Mi disse tu da questa stanza non esci. Intanto quello che stava facendo le pizze venne da me, mi prese da dietro, io opposi resistenza urlai ma lui riuscì a prendermi in braccio e portarmi sopra. Poi spensero le luci. Venni palpeggiata, mi strapparono i vestiti, improvvisamente non so come mi ritrovai fuori al balcone a vomitare mentre la mia collega cercava di farli desistere. Chiusero la porta a chiave della stanza al primo piano, uno aveva dei coltelli in mano. Pensai al peggio, stavo per buttarmi giù, in quel momento pensavo a mia mamma e mio padre”
L’ARRESTO – Ad un certo punto però la violenza dei tre si ferma, dopo che la collega che è con lei riesce a contattare la coordinatrice. I tre desistono, si fermano “Intanto io continuavo a piangere e vomitare fuori al balcone. Riesco a prendere la borsa e regalo 20 euro a uno di loro dicendo vai da madame bagascia. Lui la prese e andò a masturbarsi tra le scale”. Fortunatamente la violenza sessuale non si consumò, i tre furono arrestati la notte dopo dai Carabinieri della Compagnia di Pozzuoli grazie alle testimonianze delle vittime e di altre due colleghe. Ora quei minorenni venuti dall’Africa sono ancora in galera, ma Claudia nonostante la ferita ancora aperta riesce ad avere parole dolci nei loro confronti “Spesso sogno tutti e tre sorridenti a Città della Scienza dove una volta andammo insieme. Poi ad un certo punto dalla felicità sogno che loro mi dicono vogliamo ucciderti. I primi giorni li odiavo, ora no. Spero facciano un percorso integrativo. Il carcere è un inferno e spero che non escano peggio di come sono entrati”.
GENNARO DEL GIUDICE